Alzheimer. Nuovo modello matematico rivela come si formano i cluster di proteina amiloide

Alcuni ricercatori dell’Università di York hanno usato un modello matematico per capire come si formano le placche di proteina beta- amiloide nei cervelli dei pazienti con Alzheimer. Secondo lo studio, queste proteine si uniscono dando vita a particelle liquide per poi formare i cluster che impattano sulla malattia neurodegenerativa.

Un team di ricercatori dell’Università di York (Gran Bretagna) ha usato un modello matematico per capire in che modo le proteine amiloidi si uniscono nel cervello durante le fasi precoci della malattia di Alzheimer. Gli scienziati, che hanno pubblicato lo studio su Frontiers in Molecular Neuroscience, sono convinti che la scoperta potrebbe avere importanti implicazioni per lo sviluppo di eventuali trattamenti terapeutici futuri.

Si ritiene che le proteine amiloidi svolgano un ruolo importante nel sistema immunitario, ma quando cambiano forma in modo anomalo si uniscono in potenti strutture biologiche, che possono interferire con la normale attività cerebrale.

Secondo lo studio dell’Università di York, le proteine coinvolte nella malattia di Alzheimer, le beta-amiloidi, si uniscono dando vita prima a delle particelle liquide per andare a formare, poi, i cluster che hanno un impatto sulla attività cerebrale normale.

Le proteine nel cervello, come evidenziano i ricercatori britannici, si uniscono circa 10-15 anni prima rispetto a quando compaiono i primi sintomi della malattia. Tuttavia, non è ancora chiaro in che modo questo accada.

Per lo studio, gli scienziati hanno considerato due varianti della proteina beta-amiloide, entrambe presenti in misura estensiva nella malattia, osservando che le proteine passano da una fase ‘liquida’ iniziale, prima di formare i cluster veri e propri. “Abbiamo avuto l’intuizione che la stessa metodologia che è stata applicata per capire in che modo il ragno tesse la sua tela, poteva essere usata nella comprensione di come si formano i cluster di beta-amiloide”, concludono gli autori.

Fonte: Frontiers in Molecular Neuroscience (2022)

https://www.sciencedaily.com/releases/2022/11/221102123619.htm

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