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Cellule immunitarie riconoscono l’Hiv anche se la terapia è interrotta
Si chiamano Plwh e sono cellule immunitarie in grado di riconoscere i residui di cellule infette da Hiv nelle persone che assumono la terapia antiretrovirale (Art). Ora un gruppo di ricercatori ha scoperto che le Plwh rimangono attive per anni e questo potrebbe contribuire allo sviluppo di nuove strategie contro il virus. La maggior parte di queste cellule immunitarie, chiamate T CD8+, dovrebbero avere la capacità di rilevare le cellule infette da Hiv che guidano il ripresentarsi del virus dopo le interruzioni del trattamento.
L’Art ha trasformato l’Hiv da una malattia mortale a una condizione cronica. Tuttavia, la terapia deve essere presa da chi ha l’infezione per tutta la vita, poiché l’interruzione del trattamento spesso permette al virus di ritornare nel giro di settimane. Questo ripresentarsi dipende dalle cellule che ospitano il dna dell’Hiv.Infatti, mentre oltre il 95% del dna provirale non è in grado di replicare e riattivare l’Hiv, la restante frazione – il cosiddetto “serbatoio” – mantiene la sua capacità di produrre particelle di virus e causa il rebound virale.
Il serbatoio più grande e ben caratterizzato di Hiv risiede nelle cellule T CD4+ a riposo, che circolano nel sangue e sono molto longeve. Negli anni si sono sviluppate alcune strategie per cercare di evitare questo fenomeno e tutte sfruttano le cellule T CD8+.
Tuttavia, le mutazioni delle particelle virali presenti nel serbatoio dell’Hiv possono mitigare i risultati. Il presente studio ha cercato di determinare la frequenza e i pattern di queste mutazioni e i risultati suggeriscono che le cellule T hanno un ruolo centrale per il controllo del rebound virale e potrebbero quindi essere sfruttate nelle future strategie di trattamento contro l’Hiv.
Fonte: eLife
IT-NON-03108-W-10/2022
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