Chirurgia: Aou Sassari, tecnica innovativa per complicanze interventi vertebrali

E’ una tecnica nuova, indicata per una particolare complicanza che può verificarsi durante quegli interventi di chirurgia vertebrale in cui è presente una lacerazione della dura madre, cioè dello strato di meningi che protegge il midollo e le radici spinali. E’ stata messa a punto dagli specialisti della Neurochirurgia dell’Azienda ospedaliero universitaria di Sassari, l’ideatore è Domenico Policicchio, neurochirurgo dell’unità operativa diretta da Riccardo Boccaletti. 

“Abbiamo pensato di utilizzare questa tecnica chirurgica – spiega Policicchio – per ottimizzare la gestione e il controllo della lacerazione della dura madre. In particolare, la tecnica è indicata per il trattamento di pazienti che, in corso di chirurgia spinale, presentino quella complicanza che viene giudicata non accessibile o non suturabile”. 

In una piccola percentuale di pazienti, spiega una nota, la lacerazione non può essere suturata perché inaccessibile chirurgicamente. A esempio può essere localizzata sul versante anteriore del midollo spinale, come avviene in alcuni casi di frattura vertebrale a “scoppio”, oppure perché è presente una perdita di sostanza durale a causa di ampie lacerazioni traumatiche, di processi infettivo-infiammatori o neoplastici. In questi casi la gestione è molto complessa ed espone il paziente a potenziali rischi e complicanze.

“Quello che facciamo – spiega ancora Policicchio – è utilizzare tessuto muscolare autologo vitale per sigillare il compartimento spinale e ridurre al minimo il rischio di fistola di liquor e, quindi, il rischio di complicanze mediche”. L’idea è nata dalle tecniche che i neurochirurghi del Santissima Annunziata utilizzano per il trattamento delle fistole liquorali della base cranica sia in chirurgia transcranica sia in chirurgia endoscopica transnaso-sfenoidale. Si sfruttano, pertanto, le proprietà di adesività biologica del muscolo vitale e l’effetto biomeccanico determinato dal lembo che, poggiato sul sacco durale, determina un lieve incremento della pressione idrostatica e quindi impedisce la fuoriuscita di liquor. 

La tecnica prevede, al termine dell’intervento dopo aver decompresso midollo e radici spinali, di dividere longitudinalmente il muscolo paravertebrale. “La metodica – prosegue Policicchio – è stata sviluppata dopo uno studio accurato sulla fattibilità, basandosi sulla anatomia e fisiologia dei muscoli paravertebrali, in particolare valutando il decorso delle arterie e dei nervi che garantiscono la nutrizione e la vitalità del muscolo”.

Fonte: Adnkronos Salute

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