Coronavirus: Cimo, su sanità Recovery Plan è a ‘visione zero’

‘Atto offensivo verso cittadini e operatori sanitari’, ‘manca volontà di rivedere governance Ssn’

“Sostenere che la pandemia da Covid-19 ha reso evidente il valore universale della salute e la sua natura di bene pubblico fondamentale e poi elaborare un ‘Piano nazionale di ripresa e resilienza’ assegnando alla sanità solo il 4,8% delle risorse, pari a 9 miliardi, è un atto offensivo verso cittadini e operatori sanitari”. E denota che siamo davanti a un ” Piano privo di visione”. Questo il commento della Federazione dei medici Cimo-Fesmed riguardo all’assegnazione dei fondi contenuta nella bozza del cosiddetto Recovery Plan, nel quale – secondo il sindacato – regna “l’assoluta mancanza di un atto di programmazione serio che convinca che l’utilizzo di queste risorse possa dare una vera svolta al nostro Ssn”.

“Il Piano è privo di una visione – dichiara Guido Quici, presidente Cimo-Fesmed in una nota – e soprattutto manca la volontà di voler modificare la governance del nostro Servizio sanitario nazionale, di voler rivisitare i Lea garantendo una maggiore offerta sanitaria, di voler rivedere le modalità di costituzione e ripartizione del Fondo sanitario nazionale; manca la capacità di introdurre modelli di assistenza distrettuale innovative e, non ultimo, manca il coraggio di mettere fine al trend degli ultimi decenni nelle gestione della sanità, secondo cui è sufficiente cambiare l’ordine dei fattori affinché il risultato non cambi. Ancora una volta – osserva Quici – il lupo perde il pelo ma non il vizio”.

Inoltre per Quici “la pandemia da Covid ci offre, pur nella tragedia e nell’emergenza, l’irripetibile opportunità di rivedere davvero il Ssn, già da tempo in crisi, a partire da una profonda rivisitazione del processo di aziendalizzazione delle strutture sanitarie proprio nella loro governance e nelle loro finalità. Questo vuol dire tramutare profondamente gli obiettivi di economicità, efficienza ed efficacia in sicurezza, efficienza clinica ed efficacia delle cure”. 

Secondo il sindacato medico “può anche avere senso, quindi, destinare 4,8 miliardi di euro per l’assistenza di prossimità e la telemedicina, ma con quali modelli e con quali standard?” La Federazione esprime dunque – riferisce la nota – forte preoccupazione per la volontà di potenziare la medicina del territorio modificandone l’architettura in sola chiave di digitalizzazione che, a cascata, determinerà l’organizzazione ed i processi di cura e di assistenza, senza tener conto preliminarmente dei bisogni assistenziali dei cittadini, dell’offerta sanitaria e dei tempi di attesa, delle risorse umane.

Nel merito, la Cimo non condivide l’intero impianto proprio nella sua metodologia che non tiene in alcuna considerazione gli elementi di base, ovvero sostenibilità, equità ed accesso alle cure. E questo vale anche per i capitoli che riguardano gli obiettivi di riforma del rapporto tra salute e ricerca e, soprattutto, per ulteriori obiettivi quali il rafforzamento del sistema emergenza-urgenza che non parte da una riforma strutturale – ruolo e della rete unica dell’emergenza – ma è vista solo in un’ottica tecnologica e digitale. 

“Un Piano nazionale così importante deve dare certezze – conclude Quici – e deve essere in grado di enunciare i principi, gli obiettivi di medio e lungo termine, i processi e gli standard, tutti possibilmente misurabili. Tutto questo non è visibile né al cittadino, né a chi lavora da anni in sanità, qualunque piano o somma stanziata, senza una visione rischia di essere solo dispersione di risorse e aggravio. L’unica certezza che vediamo con un piano così delineato, è un aumento del debito senza un vero rilancio del Ssn”.


Fonte: Adnkronos Salute

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