Covid: internisti, ‘recuperato oltre 90% ricoveri persi nel 2020 in nostri reparti’

Erano stati circa 400mila quelli saltati


Nei reparti di medicina interna è stato recuperato oltre il 90% dei ricoveri persi nel 2020. A spiegarlo è stata la Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti (Fadoi) riunita nel suo Congresso a Firenze. La pandemia, spiegano gli esperti, ha cambiato modo di lavorare negli ospedali, facendo superare vecchi steccati a favore di un approccio multidisciplinare, che ha garantito cure più efficaci e fatto nello stesso tempo risparmiare tempo e prestazioni inappropriate.


E’ questa la formula che nei reparti di medicina interna ha consentito quello che gli internisti hanno definito il “miracolo” di far recuperare oltre il 90% dei ricoveri saltati nel 2020. Cure rivolte a persone in molti casi affette da Bpco, scompenso cardiaco, diabete, insufficienza renale cronica, polmoniti, sepsi, edema polmonare acuto, emorragie o infarti cerebrali, tanto per fare qualche esempio. Secondo i dati elaborati da Fadoi, lo scorso anno nelle Medicine interne sono stati circa 400mila i ricoveri saltati a causa della pandemia, che ha visto proprio gli internisti farsi carico del 70% dei pazienti Covid. La stima della Federazione è che a oggi il recupero sia stato quasi totale, con “solamente l’8% in meno di ricoveri rispetto a quelli registrati nel 2018, prima dell’era pandemica”.


Dall’1 gennaio 2018 a settembre dello stesso anno, infatti, i ricoveri erano stati 705mila, mentre nello stesso periodo di quest’anno se ne contano 650mila, solo 55mila in meno rispetto al pre-Covid. I numeri non cambiano di molto se si prendono in considerazione i soli pazienti cronici, che rappresentano una fetta consistente dei ricoverati nelle medicine interne dei nostri ospedali. Sempre da gennaio a settembre nel 2018 i ricoveri in questo caso erano stati 395mila, mentre nello stesso periodo di quest’anno si è arrivati a 346mila. Come dire che sono “solo 49mila i ricoveri che mancano all’appello”, il 12% per ritornare ai livelli anti-pandemia.


“Un risultato sorprendente se si considera che le stime sui ricoveri si riferiscono esclusivamente ai pazienti no-Covid e che invece sono proprio i nostri reparti ad essersi fatti carico di larga parte delle persone ammalatesi di Sars-Cov-2”, commenta Dario Manfellotto, presidente di Fadoi. “Ora si tratta di trarre tesoro da questa esperienza, perché l’approccio intra-disciplinare sotto la regia della medicina interna che è alla base di questo miracoloso recupero può e deve diventare il nuovo modus operandi dei nostri ospedali, consentendo così di curare anche la piaga delle liste di attesa”.


Il modello intra-disciplinare di presa in carico di malati cronici con scompenso cardiaco, Bpco, diabete o cardiopatia ischemica messo a punto dai medici internisti, ricorda Fadoi, ha “già dimostrato sul campo di saper ridurre del 15% i ricoveri e di tagliare in misura significativa i tempi di attesa”. Un modello adottato in alcune Asl ed aziende ospedaliere e che ora Fadoi vuole esportare su larga scala, anche al fine di ridurre i costi.


“L’esperienza maturata durante la pandemia, dove l’approccio multidisciplinare è stata l’arma vincente per contrastare gli attacchi multisistemici del Covid – spiega Manfellotto – ci conferma che l’idea di una medicina interna che assiste pazienti a bassa intensità di cura è oramai fuori della realtà, perché la maggior parte dei pazienti che arrivano nei reparti di area medica per acuzie da pronto soccorso hanno oramai un elevato livello di complessità e comportano un notevole carico assistenziale. I pazienti che oggi impegnano le maggiori risorse sono quelli con diagnosi indefinita, che necessita di multiple valutazioni specialistiche, e i cronici. Per questo è necessario riorganizzare le aree mediche dei nostri ospedali, valorizzando le competenze trasversali della medicina interna”.


I dati forniti dalle Sdo, le cartelle di dimissione ospedaliera, dimostrano del resto che in area medica ai primi posti figurano pazienti “mediamente critici”. Nell’ordine affetti da insufficienza cardiaca e shock, edema polmonare acuto, emorragia cranica, infarto polmonare e polmonite. “Per assistere questi pazienti – conclude Manfellotto – il modello organizzativo più funzionale è quello ‘a rete’, dove tutti i professionisti, compresi quelli del territorio, collaborano. L’attivazione a luglio della rete di medicina interna in Lombardia è un passo in questa direzione. Come Fadoi ci impegneremo affinché non resti un esempio isolato”.

Fonte: Adnkronos Salute

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