Deficit di G6PD: scoperta la causa delle forme gravi

Il deficit dell’enzima glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD) è una condizione che colpisce 400 milioni di persone in tutto il mondo: alcune sono asintomatiche, altre soffrono di ittero, rottura dei globuli rossi e, nei casi peggiori, insufficienza renale.


Un team guidato da ricercatori dello SLAC National Accelerator Laboratory del Dipartimento dell’Energia ha scoperto il meccanismo biologico alla base dei casi più gravi della malattia. Lo studio è stato pubblicato dalla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.


L’enzima G6PD svolge un ruolo importante nei globuli rossi: aiuta a rimuovere molecole di ossigeno più reattive chimicamente e potenzialmente dannose e le converte in acqua e altri sottoprodotti più inerti. Se la proteina non funziona, anche i globuli rossi smettono di funzionare correttamente.


Il trattamento per i casi più gravi della malattia (di classe I) consiste in trasfusione di sangue, spiega la Professoressa Daria Mochly-Rosen, co-autrice senior dello studio.


Si sa che la maggior parte delle mutazioni che portano ai sintomi più gravi si verificano in regioni della proteina lontane dal sito attivo (dove l’enzima lega i substrati).


Il Professor Soichi Wakatsuki, che ha diretto lo studio, e i suoi colleghi, hanno studiato attraverso analisi strutturali e biofisiche (cristallografia a raggi X, simulazioni al computer, microscopia elettronica criogenica), le quattro forme di G6PD difettose, associate alle forme più gravi della malattia.


Il team ha così scoperto che anche se le mutazioni sono lontane dal sito attivo di G6PD, interrompono le connessioni in una catena di amminoacidi che aiutano a stabilizzare la proteina. Ciò ha una sorta di effetto domino sull’intera molecola: si piega in modo errato e un braccio molecolare che dovrebbe aiutare le molecole a legarsi al sito attivo di G6PD non riesce più a svolgere questo ruolo.


Questi risultati potrebbero aiutare i ricercatori a progettare nuovi farmaci per curare la malattia.


Fonte: Proceedings of the National Academy of Sciences

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