Dopo un episodio di scompenso acuto: chi vive solo e ha molta congestione residua ha una mortalità maggiore

In una popolazione molto anziana di pazienti che hanno sofferto di uno scompenso cardiaco acuto, la congestione residua e l’isolamento sociale identificano gli individui ad alto rischio di morte a un anno di distanza, secondo uno studio pubblicato su European Geriatric Medicine.

“Si è raggiunto un consenso sui benefici clinici di un rinvio precoce a un’unità multidisciplinare per lo scompenso cardiaco (HFU) per i pazienti anziani fragili con insufficienza cardiaca. Tuttavia, sono presenti pochi dati sulla prognosi e sui predittori di esito nei pazienti più anziani gestiti in questo contesto clinico” spiega Samuele Baldasseroni, dell’Università di Firenze e dell’Ospedale Careggi, autore principale del lavoro.

I ricercatori hanno quindi voluto identificare i predittori di mortalità per tutte le cause a un anno in pazienti molto anziani arruolati nella HFU multidisciplinare della loro struttura dopo un episodio di scompenso cardiaco acuto. Le valutazioni cliniche e geriatriche di base sono state registrate durante la prima visita, e le visite di follow-up sono state ripetute secondo un protocollo orario standardizzato. L’endpoint primario era la mortalità per tutte le cause a un anno.

Gli esperti hanno arruolato 75 pazienti con almeno 85 anni di età. Durante il follow-up di un anno, 17 pazienti (22,7%) sono morti. La congestione residua con un livello più alto (> 4) di punteggio EVEREST, e il fatto di vivere da soli sono risultati i due predittori indipendenti di mortalità per tutte le cause a un anno nell’analisi multivariata. Inoltre, i pazienti che vivevano da soli e con un punteggio EVEREST maggiore di 4 hanno avuto una prognosi peggiore.

Fonte: Eur Geriatr Med. 2022

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36224509/

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