Funzione cerebrale nei preadolescenti dello studio ABCD

L’Adolescent Brain Cognitive Development Study (ABCD), lanciato nel 2016, è uno studio longitudinale multisito della durata di 10 anni che ha arruolato quasi 12.000 giovani di età compresa tra 9 e 10 anni in 21 centri di ricerca in tutto il paese. Di recente, su Nature Neuroscience, sono stati pubblicati gli ultimi risultati della ricerca, che mostrano quali regioni del cervello sono coinvolte in una serie di processi psicologici, tra cui il controllo cognitivo, l’elaborazione della ricompensa, la memoria di lavoro e la funzione sociale/emotiva.


Ogni due anni, al fine di monitorare lo sviluppo neurologico e identificare le differenze individuali nella funzione cerebrale, i ricercatori hanno osservato l’attivazione del cervello dei partecipanti attraverso risonanza magnetica funzionale (fMRI), mentre loro svolgevano tre diversi compiti. “Il nostro studio mostra quali regioni del cervello si attivino eseguendo le diverse attività ma anche le differenze individuali”, osserva Hugh Garavan, professore di psichiatria presso l’Università del Vermont e autore senior dello studio.


“Le analisi rivelano robuste attivazioni cerebrali che sono coerenti con la letteratura pubblicata, variano tra attività/contrasti fMRI e sono leggermente correlate con le prestazioni comportamentali individuali sui compiti”, scrivono gli autori.


Gli scienziati hanno deciso di costruire queste mappe del cervello per comprendere meglio i processi psicologici che aumentano il rischio, per i giovani, di sviluppare problemi di salute mentale e fisica . “Le mappe di attivazione cerebrale e i risultati di riproducibilità spaziale serviranno come gold standard per la comunità neuroscientifica”, secondo Bader Chaarani, primo autore dello studio. Gli autori affermano che queste mappe di attivazione cerebrale consentiranno “analisi trasversali delle differenze interindividuali e di gruppo”, oltre a “offrire il potenziale per esaminare i predittori di base dello sviluppo e del comportamento futuri”.


Fonte: Nature Neuroscience

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