I neonati esposti all’epatite B devono essere identificati meglio

Una recente indagine pubblicata su Pediatrics ha valutato gli esiti dei bambini nati da madri positive all’antigene di superficie dell’epatite B (HBsAg) e gestiti dal programma nazionale di prevenzione dell’epatite B perinatale dei Centers for Disease Control and Prevention.

I ricercatori hanno esaminato i report annuali presentati da 56 giurisdizioni degli Stati Uniti dal 2009 al 2017. I rapporti hanno esaminato la profilassi post-esposizione dell’epatite B infantile, il completamento della serie di vaccini e i test sierologici post-vaccinazione. Hanno anche confrontato il numero di coppie madre-infante nel programma con il numero di bambini che si stima siano nati da donne HBsAg-positive dal 2009 al 2014 e dal 2015 al 2017.

Il Perinatal Hepatitis B Prevention Program ha trovato 103.825 bambini nati dal 2009 al 2017 con madri HBsAg-positive. Nello stesso periodo di tempo, il rapporto dei neonati che sono stati identificati annualmente è aumentato, passando dal 48,1% al 52,6%.

I risultati dell’analisi indicano che il programma di prevenzione dell’epatite B perinatale ha gestito con successo i bambini nati da donne HBsAg-positive e ha garantito che i piccoli raggiungessero l’immunità dalla malattia. I ricercatori hanno tuttavia evidenziato come gli operatori sanitari debbano sviluppare strategie più efficaci per colmare il divario tra il numero di bambini stimati e quelli che vengono identificati.

Fonte: Pediatrics

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