Ictus: la pressione è la chiave per esiti positivi con la trombectomia

Livelli pressori sia bassi che elevati durante il trattamento endovascolare dell’ictus ischemico acuto sono associati ad esiti funzionali negativi. Lo suggerisce uno studio condotto su 380 pazienti da Mads Rasmussen dell’ospedale universitario di Aarhus, secondo cui i risultati migliori si ottengono matenendo la pressione media a 70-90 mmHg.

Sono dunque necessari protocolli rigidi per il controllo pressorio durante la terapia endovascolare dell’ictus, in quanto il paziente è molto sensibile alle variazioni della pressione.

E’ noto che la pressione cala temporaneamente durante le procedure endovascolari, ed alcuni studi precedenti hanno suggerito che una pressione bassa influenza negativamente gli esiti, ma non era sinora noto quale fosse la soglia pressoria sicura, o quanto a lungo si potesse rimanere al di sotto di essa.

Nel presente studio è stata ricercata anche una soglia massima, ed i risultati suggeriscono che la pressione arteriosa media possa costituire un target terapeutico modificabile per prevenire o ridurre gli esiti funzionali negativi nei pazienti sottoposti a trattamento endovascolare per l’ictus ischemico acuto, nonché il fatto che la pressione media debba essere idealmente mantenuta entro questi limiti ristretti.

Potrebbero verificarsi cali occasionali al di sotto dei 70 mmHg, ma essi dovrebbero essere mantenuti al minimo possibile. Questi dati, che attualmente sono i migliori disponibili, necessitano comunque di conferme in uno studio randomizzato, ma il presente studio è stato il primo a dimostrare che anche una pressione eccessivamente elevata può portare ad esiti negativi.

Altri studi hanno preso in considerazione la pressione sistolica, suggerendo che essa debba essere tenuta al di sopra dei 140 mmHg, ma nella presente indagine si parla di pressione media, che tiene in considerazione la pressione sia diastolica che sistolica, e sono necessari altri studi anche per confermare quale sia il parametro più idoneo.

La pressione perfusionale cerebrale, definita come la differenza fra la pressione arteriosa media e la pressione intracranica, è considerata la forza portante fisiologica alla base del flusso ematico cerebrale, ma la pressione arteriosa media, essendo una combinazione di pressione diastolica e sistolica, è considerata un indice di perfusione tissutale maggiormente valido. 

Fonte: JAMA Neurol online 2020

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