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Infarto: avvertire stanchezza e dispnea è indice di prognosi peggiore
I pazienti con infarto del miocardio non ST-sopraslivellato (NSTEMI) che riferiscono, tra i sintomi principali, dispnea o affaticamento, hanno una prognosi peggiore rispetto ai pazienti che avvertono dolore toracico come caratteristica dominante.
È quanto emerge da uno studio presentato all’European Society of Cardiology Acute CardioVascular Care 2022 da un team coordinato da Paulo Medeiros dell’ospedale di Braga, in Portogallo.
Il gruppo ha analizzato 4.726 pazienti con NSTEMI con più di 18 anni, divisi in tre gruppi in base ai principali sintomi di manifestazione dell’infarto.
Tra questi, il dolore toracico era il più comune e interessava il 91% dei pazienti, seguito da dispnea/stanchezza (7%), e sincope (2%). I pazienti con dispnea e stanchezza, inoltre, erano significativamente più anziani rispetto ai pazienti di altri gruppi, erano anche più probabilmente donne e avevano una probabilità maggiore di soffrire di ipertensione, diabete, malattia renale cronica e BPCO.
Dai risultati è emerso che i tassi di sopravvivenza a un anno erano più bassi nei pazienti con NSTEMI che presentavano dispnea e/o stanchezza, il 76%, rispetto a quelli che avevano dolore toracico, il 94%, o sincope, il 92%.
“Questo studio evidenzia la necessità di considerare una diagnosi di infarto anche quando il disturbo principale non è il dolore toracico, soprattutto per le donne e i pazienti più anziani, la cui diagnosi potrebbe essere ritardata e portare a risultati peggiori”, sottolinea Medeiros, “Oltre al classico sintomo dell’infarto con dolore toracico, pressione al petto e dolore che si irradia a una o entrambe le braccia e a collo e mascella, le persone dovrebbero cercare assistenza medica urgente se avvertono una prolungata mancanza di respiro”.
Fonte: European Society of Cardiology Acute CardioVascular Care 2022 ( https://bit.ly/3qhg2bX )
IT-NON-06671-W-03/2024
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