Insufficienza cardiaca: segnali d’allarme da non trascurare
Alcuni pazienti che vengono ricoverati in ospedale con una nuova diagnosi di insufficienza cardiaca potrebbero aver inconsapevolmente lanciato segnali d’allarme per l’evento acuto incipiente che non sono stati riconosciuti dai medici.
E’ stato infatti riscontrato che i contatti con il medico tendono a moltiplicarsi nei mesi precedenti l’evento, il che rivela alcune opportunità perse per una diagnosi precoce di insufficienza cardiaca e per l’introduzione di terapie che avrebbero potuto scongiurare il ricovero.
Lo studio, condotto su circa 26.000 pazienti da Kim Anderson del Queen Elizabeth II Halifax Infirmary, ha rivelato che questo fenomeno accade anche per i pazienti con successiva diagnosi di BPCO, ma nei pazienti poi ricoverati per insufficienza cardiaca esso è molto più rapido e pronunciato.
Molti pazienti con insufficienza cardiaca ricevono diagnosi soltanto una volta ricoverati, dopo aver contattato molteplici medici di base e d’urgenza essenzialmente sempre per gli stessi sintomi ed apparentemente senza sospettare l’insufficienza cardiaca stessa: non vengono richiesti esami del peptide natriuretico o ECG, e spesso il paziente riceve molteplici diagnosi, come di polmonite o di infezioni del tratto respiratorio superiore, e pertanto riceve trattamenti inappropriati.
Sfortunatamente è soltanto dopo molteplici interazioni con il sistema sanitario che finalmente si giunge alla diagnosi di insufficienza cardiaca.
La presente analisi suggerisce che non si tratta di casi isolati, e che un picco di contatti con i medici con un profilo sintomatologico costante potrebbe essere un segnale d’allarme.
A medici di base e d’urgenza lo studio comunica la necessità di incrementare i livelli di sospetto per l’insufficienza cardiaca quando si osservano sintomi come dispnea, affanno, affaticamento o edemi degli arti inferiori.
Il sistema sanitario è ben equipaggiato per reagire ai sintomi acuti, ma è meno ben posizionato per essere proattivo nell’identificare sintomi nel periodo di tempo in cui essi potrebbero portare ad un evento che richieda il ricovero e possa risultare pericoloso per la sopravvivenza.
Tuttavia, in un mondo digitale in cui esistono sistemi di monitoraggio per l’insufficienza cardiaca, monitor indossabili ed altre tecnologie del genere con le quali i dati clinici – quelli generati dal paziente e quelli riportati dal paziente – fluiscono all’interno di motori analitici, sussiste la prospettiva di produrre piattaforme che possano valutare dinamicamente i rischi e dare luogo ad interventi alla bisogna per mitigare le minacce.
E’ necessario inoltre che medici di base, specialisti in medicina interna, medici d’urgenza ed altri specialisti che hanno probabilità di essere fra i primi a valutare un paziente, siano coinvolti in questi processi.
In questo contesto, lo sviluppo di percorsi clinici, consulti elettronici o altre modalità assistenziali potrebbe aiutare ad apportare l’assistenza clinica necessaria per evitare i ricoveri per insufficienza cardiaca.
Fonte: JACC Heart Fail 2020
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