L’analisi del microambiente tumorale fa luce sui risultati del melanoma metastatico

Ci sono diverse nuove opzioni di trattamento disponibili per i pazienti con melanoma avanzato. Se è vero che queste terapie hanno notevolmente migliorato la prognosi per i pazienti, ogni persona può rispondere ai trattamenti in modo diverso. Il trattamento dei melanomi che si sono diffusi al sistema nervoso centrale è particolarmente impegnativo. In un recente articolo alcuni ricercatori hanno rivelato come le diverse terapie impattino l’ambiente immunitario circostante dei melanomi metastatici e hanno identificato una rara popolazione di cellule immunitarie che è stata associata con una migliore sopravvivenza complessiva.


Diversi tipi di cancro tendono a diffondersi in siti specifici in tutto il corpo. Le metastasi del melanoma sono presenti frequentemente nel cervello, nei polmoni, nel fegato e nelle ossa. Tra il 40 e il 60% dei pazienti con melanoma sviluppa la malattia metastatica all’interno del sistema nervoso centrale, mentre il 5% nell’area delle leptomeningi, i due strati più interni di tessuto che coprono il cervello e il midollo spinale. I pazienti con metastasi di melanoma leptomeningeo hanno una sopravvivenza media di sole 8-10 settimane. Nonostante questa prognosi sfavorevole, una manciata di pazienti mostra una maggiore sopravvivenza, ma le ragioni di questo fatto non sono chiare.


Ora un team di ricercatori ha cercato di determinare quali fattori cellulari contribuiscono a queste risposte migliori nei diversi siti metastatici analizzando i modelli di espressione dell’Rna delle singole cellule del melanoma e del sistema immunitario in 26 pazienti con melanoma metastatico della pelle, del cervello e delle leptomeningi/fluido cerebrospinale, scoprendo che i tipi di cellule all’interno del microambiente tumorale variano a seconda del sito di metastasi.


Le metastasi di melanoma leptomeningeo sono caratterizzate da un ambiente immunosoppresso, con un’alta percentuale di cellule T Cd4 e Cd8 disfunzionali che sono incapaci di montare una risposta immunitaria, e bassi livelli di cellule B. Invece, i campioni di metastasi cerebrali e cutanee sono molto più simili nel loro ambiente immunitario, con un arricchimento di cellule T Cd4 attivate.


I ricercatori hanno analizzato come l’ambiente immunitario dei siti metastatici sia modulato da diversi regimi e quali tipi di cellule immunitarie siano associate a risposte migliori. Hanno confrontato i dati di un paziente con metastasi di melanoma leptomeningeo che ha avuto una buona risposta al trattamento ed è sopravvissuto per più di 38 mesi, con i dati di cinque pazienti che hanno avuto scarse risposte al trattamento.


Hanno scoperto che il sopravvissuto a lungo termine aveva un ambiente immunitario che era più simile ai pazienti senza malattia leptomeningea, mentre i pazienti che rispondevano male avevano ambienti immunitari caratterizzati da cellule mieloidi immunosoppressive. I campioni derivati dopo il trattamento hanno rivelato che il sopravvissuto a lungo termine aveva cellule caratteristiche di una risposta immunitaria attiva, mentre i pazienti che hanno risposto male alla terapia non avevano queste cellule.


Un’ulteriore analisi delle cellule dendritiche che svolgono un ruolo importante nella risposta alla terapia ha mostrato che una sottopopolazione, chiamata Dc3, è associata a una migliore sopravvivenza globale e alla presenza di una risposta immunitaria attiva delle cellule T, indipendentemente dal sito di metastasi o dalla storia del trattamento.
Lo studio fornisce le prime informazioni sul microambiente immunitario dei pazienti con metastasi di melanoma leptomeningeo e aiuta a chiarire perché questi individui rispondano così male alla terapia. I microambienti tissutali dei siti metastatici cerebrali e leptomeningei sono infatti molto distinti e mostrano risposte differenziate alla terapia sistemica.


Fonte: Clinical Cancer Research

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