L’opinione degli psicoterapeuti italiani sulle sedute in videoconferenza

La pandemia da Covid-19 è stata la spinta che ha consentito un’accelerazione verso l’uso della telemedicina. Se di solito vengono sottolineati i vantaggi di questo approccio, è importante chiedersi se gli incontri con lo specialista a distanza non rendano più difficile, anziché semplificare, il lavoro degli psicoterapeuti.


Uno studio condotto da ricercatori dell’Università Luigi Vanvitelli con i colleghi della Postgraduate School of Integrated Gestalt Psychotherapy e dell’Università Federico II mostra quali possono essere le difficoltà riscontrate dai diversi specialisti, anche in base al tipo di psicoterapia scelto, nell’effettuare le sedute in video-conferenza. Per alcuni (in particolare psicoanalisti, psicoterapeuti psicodinamici e Gestaltisti) effettuare le sedute di psicoterapia i videoconferenza è stato limitante.


Più di 500 terapeuti in tutto il Paese, di età compresa tra i 36 e i 65 anni hanno risposto a un questionario online. Gli orientamenti teorici più rappresentati sono quelli psicoanalitici (31,4%); Gestalt (20,5%); sistemico-relazionale (19,7%) e psicodinamico (13,2%).


Prima del lockdown solo il 37,2% del campione aveva sperimentato la terapia a distanza, mentre durante il lockdown il 93,7% ha lavorato a distanza, l’88% tramite videochiamate e il 12% tramite telefonate.
Le chiusure hanno costretto la metà dei terapeuti più giovani a riorganizzare giorni e orari di lavoro.


Solo per il 2,2% degli intervistati il lavoro a distanza non è diverso dal lavoro in presenza. La maggior parte dei soggetti ha evidenziato criticità quali la necessità di una maggiore flessibilità da parte del terapeuta (58,8%), la necessità di maggiore attenzione e concentrazione (52,9%) e una maggiore fatica (40,4%), in particolare per gli psicoanalisti (50,3%).


Il 48,9% degli intervistati – in particolare gli psicoterapeuti della Gestalt (71,1%) – ha affermato che la modalità a distanza ha impedito loro di applicare pienamente alcune delle tecniche tipiche del loro orientamento psicoterapeutico. Il 39,3% del campione ha riscontrato che riduce il silenzio in quanto le pause sono più difficili. Il 45,8% del campione ritiene che il lavoro a distanza non sia praticabile con alcune tipologie di pazienti e il 62,1% lo ritiene applicabile ad alcuni pazienti meglio di altri. Per quanto riguarda l’efficacia clinica, il 20,3% del campione ritiene che il lavoro a distanza abbia un’efficacia clinica inferiore, il 20,9% che non impatta sull’efficacia e solo lo 0,4% ritiene che abbia una maggiore efficacia clinica.


I risultati finora evidenziano quindi come psicoterapeuti appartenenti a diverse scuole teoriche sembrino essersi adattati in modo diverso al setting remoto.


Fonte: Riv Psichiatr. 2021

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