Mortalità elevata tra i pazienti con neoplasie ematologiche e shock settico

In una ricerca pubblicata dal Journal of the National Comprehensive Cancer Network, gli scienziati dell’ Anderson Cancer Center,in Texas, e del Hadassah Medical Center, in Israele, hanno esaminato l’impatto dello shock settico sui pazienti con neoplasie ematologiche. Il 67,8% dei soggetti valutati nello studio è morto in meno di 28 giorni e solo il 19,4% è rimasto in vita dopo 90 giorni.

I ricercatori hanno studiato 459 pazienti adulti affetti da cancro ematologico ricoverati in ospedale per shock settico tra il 1 aprile 2016 e il 31 marzo 2019. La sopravvivenza è stata calcolata dalla data di ricovero in terapia intensiva fino alla data di morte del paziente o alla data dell’ultimo follow-up. Lo studio mostra un rischio significativamente più elevato per questo gruppo di pazienti rispetto a quello osservato tra i pazienti che sono andati incontro a shock ma non avevano un tumore. Nella popolazione generale, infatti, i tassi di mortalità per sepsi sono diminuiti negli ultimi 20 anni.

“I nostri risultati evidenziano l’opportunità di aumentare la consapevolezza della letalità dello shock settico tra i pazienti oncologici e di quanto sia importante prevenirlo”, osserva l’autore senior, Joseph L. Nates, dell’Anderson Cancer Center. “Dobbiamo sviluppare strategie preventive per ridurre i tassi di infezione nei pazienti con tumori del sangue e promuovere la diagnosi precoce della sepsi prima che progredisca verso lo shock settico”. L’autore sottolinea anche l’importanza dell’iniziare precocemente la terapia antibiotica e di usare tecniche di monitoraggio appropriate nei pazienti oncologici con sospette infezioni.

Gli autori identificano tre fattori associati a un maggiore rischio di morte: l’insufficienza respiratoria acuta, un’elevata concentrazione di lattato nel sangue e l’insufficienza multiorgano. D’altra parte, l’aver ricevuto un antibiotico aminoglicosidico o un trattamento con un fattore stimolante le colonie di granulociti ha migliorato le probabilità di sopravvivenza allo shock settico.

I pazienti che erano stati sottoposti a un trapianto allogenico di cellule staminali e successivamente erano stati affetti da malattia del trapianto contro l’ospite, hanno avuto il tasso di sopravvivenza a 90 giorni più basso, soltanto del 4%.

“Questo studio evidenzia il fatto che, nonostante i progressi nell’identificazione e nel trattamento dei pazienti con sepsi, l’esito rimane molto scarso per i pazienti con neoplasie ematologiche”, aggiunge Sankar Swaminathan, della Huntsman Cancer Center-University of Utah Health, che non è stato coinvolto nella ricerca. “La mortalità estremamente elevata di tali pazienti ricoverati con shock settico è preoccupante e sottolinea la necessità di strategie migliori per identificare questi pazienti all’inizio del decorso della malattia. Sebbene le linee guida del National Comprehensive Cancer Network per la prevenzione e il trattamento delle infezioni correlate al cancro utilizzino la stratificazione del rischio per guidare la gestione, sono chiaramente necessarie ulteriori ricerche in quest’area”.

Fonte: J Natl Compr Canc Netw

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