MPS di tipo I: il peso della malattia nel lungo termine

Col miglioramento delle terapie, le persone affette da mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I), arrivano fino a trenta o quarant’anni di età, ma la malattia residua, con perdita di motilità, ridotte capacità cognitive e funzionalità cardiopolmonare, visiva e uditiva subottimali, ha un impatto negativo sulla qualità di vita dei malati. A sottolinearlo è uno studio pubblicato da Orphanet Journal of Rare Disease da un gruppo di ricercatori coordinato da Nathalie Guffon, dell’Hospices Civils di Lione, in Francia.


Il trapianto di cellule ematopoietiche (HSCT) precoce è una terapia chiave per la sopravvivenza dei pazienti con MPS I. Tuttavia, gli effetti a lungo termine a livello di funzionalità cognitiva, adattativa e psicosociale di questo trattamento non sono ben documentati. I ricercatori francesi hanno condotto un follow-up da 7 a 33 anni su 25 pazienti con MPS I trapiantati.


Nonostante l’intervento, in tutti i pazienti è stata osservata una malattia residua nei vari decenni di follow-up. Le manifestazioni psichiatriche a insorgenza tardiva sono state osservate nel 68% dei pazienti, mentre i risultati della Welscher Intelligence Scale sono stati eterogenei, con punteggi più bassi registrati su aspetti di memoria e velocità di processo e punteggi più alti a livello di comprensione verbale e ragionamento.


Un beneficio aggiuntivo al trapianto potrebbe invece arrivare dalla terapia enzimatica sostitutiva (ERT), da iniziare non appena  la diagnosi di MPS I è confermata e mantenere in attesa dell’intervento. Inoltre, la somministrazione di ERT anche post-HSCT potrebbe dare benefici ai pazienti nel prevenire le complicanze e riducendo il rischio di interventi medici e chirurgici necessari alla gestione delle complicazioni derivanti dalla patologia, soprattutto nei pazienti in condizioni cliniche sfavorevoli prima del trapianto.


Fonte: Orphanet Journal of Rare Disease

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