Riforma assistenza territoriale. Sondaggio Smi: “Il 90% dei medici ritiene che non migliorerà la situazione”

“E’  stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale, recentemente,  dopo un lungo iter di approvazione, il nuovo regolamento su modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale. Il perno del sistema sarà il distretto sanitario al cui interno rivestirà un ruolo fondamentale la Casa della Comunità dove i cittadini potranno trovare assistenza h24 ogni giorno della settimana. La riforma entrerà in  vigore il 7 luglio prossimo e rappresenterà una vera e propria  rivoluzione  per la medicina generale e per la sanità italiana. Sarebbe interessante  sapere come la pensano i 50mila medici di medicina  generale  nel merito della riforma. Qualcuno li ha  coinvolti, li ha interpellati?” si chiede Pina Onotri, Segretario Generale del Sindacato Medici Italiani (SMI)  nel presentare il sondaggio di opinione, commissionato dal proprio sindacato e  rivolto ai medici, sulla riforma dell’assistenza  territoriale.

“Ormai è evidente – prosegue –  che  la narrazione dei  medici eroi  del periodo della pandemia sia  stata  solo celebrativa, ma che, nella sostanza, il Governo e la politica  non hanno cambiato il proprio  atteggiamento verso i medici, a cui non sono riconosciute tutele, né sono destinate risorse sufficienti, al pari degli altri paesi europei. I medici  che rappresentano, sempre  più il primo fronte del Servizio Sanitario Nazionale, si apprestano, in questa estate, ad affrontare l’ennesima ondata di covid, con i pensionamenti che incombono, con  i ritmi di lavoro che aumentano in modo vertiginoso e con le giovani generazioni che fuggono dalla professione”.

“Per queste ragioni abbiamo avviato un sondaggio pubblico tra i medici  sulla riforma dell’assistenza territoriale. Il sondaggio è stato effettuato dal 15 giugno al 21 giugno 2022; hanno risposto più di 500 medici. Le domande sono state semplici: abbiamo chiesto  a se si conoscesse la nuova riforma e  se si ritenesse che questa migliorasse  i servizi e l’assistenza ai cittadini e il lavoro stesso  dei medici.  È stata posto un quesito sulla  parità di genere nella professione medica a fronte del fatto che le donne medico sono ormai la maggioranza della professione. Dal questionario emerge che i medici  meglio informati sono in maggioranza  i medici di medicina generale, il 52%, con 27% di pensionati, universitari, Inps, 12% di medicina dei servizi, 9% di emergenza territoriale. Il 90%  delle risposte ritiene che la riforma non migliorerà né il lavoro né i servizi ai cittadini. Questi dati danno lo spaccato di come viene percepita questa riforma proprio da coloro che dovrebbero concretizzarla”.

“In questi mesi con la discussione in merito al Piano di Ripresa e Resilienza e  del DM 71 e poi adesso DM 77 siamo partiti dall’assunto, tenendo conto dell’esperienza della pandemia, che ormai l’evoluzione delle cure territoriali, nell’ottica di una migliore e più performante offerta sanitaria alla cittadinanza, omogenea dal Nord al Sud del paese, non può più prescindere da maggiori tutele per i professionisti. Quindi, una riforma dell’assistenza territoriale che non investe  sul capitale umano e quindi sui medici rischia di diventare solo un’ operazione di edilizia sanitaria.

Una riforma dell’assistenza territoriale, inoltre,  che non sia declinata al femminile, puntando   su effettive politiche per le  pari opportunità considerato che, per la prima volta, nel 2019, è stato certificato un sorpasso delle donne medico nella categoria, rischia di non tener conto di com’è cambiata la classe medica in questi ultimi anni. C’è bisogno d’investire sul personale medico sia in termini economici che in termini di tutele per impedire la desertificazione del Servizio Sanitario Nazionale” conclude.

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