Sanità: medici famiglia, no a dipendenza non vogliamo diventare impiegati

“Non vogliamo diventare impiegati, che una volta timbrato il loro cartellino lasciano i pazienti a loro stessi. Non vogliamo diventare un volto tra i tanti. Vogliamo restare un punto di riferimento per i nostri assistiti e per questo chiediamo a gran voce il sostegno di tutti i nostri colleghi che da anni difendono con orgoglio una convenzione basata sui principi di prossimità e libera scelta, come solide fondamenta per costruire una nuova medicina generale, all’insegna di un futuro condiviso”. È l’appello contenuto nella lettera aperta firmata da 1.500 medici di medicina generali, medici in formazione, neo-convenzionati o aspiranti tali, contrari al passaggio della categoria alla dipendenza dal Servizio sanitario nazionale e a difesa della libera professione.


“Alla base della nostra forza – spiegano nella lettera siglata Fimmg Formazione e associazione Als medicina generale – non c’è un ruolo politico, ma sociale oltre che sanitario”. Per “qualsiasi altra prestazione del Ssn i pazienti non hanno la possibilità di scegliere il medico (come in ospedale), oppure se lo vogliono scegliere lo devono pagare (in intramoenia o nel privato), o se vogliono essere ricoverati nel privato accreditato non sono i pazienti a scegliere, ma spesso le strutture stesse a scegliere loro a secondo della remunerazione migliore della loro condizione (Dgr). Noi siamo l’unico vero settore del Ssn che è equo e solidale nella misura in cui il paziente che ci può scegliere è già al centro prima di ogni interesse economico. Su questo si basa la potenza della convenzione, la fiducia: siamo i medici scelti dal paziente, punti di riferimento in rapporti che durano decenni, unici volti sicuri e familiari”.


“Vogliamo finalmente poter dimostrare le nostre competenze attraverso degli obiettivi di salute da raggiungere – proseguono i firmatari – perché la voglia di fare, di fare bene non è mai venuta meno. Perché non siamo né burocrati né passacarte, ma siamo clinici e siamo i clinici che meglio conoscono il paziente. Ed è a lui che noi vorremmo dare sempre di più e sempre meglio e questo ci viene negato”, scrivono, sottolineando come a negarlo sia, oltre alla burocrazia, “quando non ci viene dato modo di organizzarci al meglio con il personale di studio. Quando la contrattazione sugli obiettivi di salute che vogliamo raggiungere viene rallentata. Quando vengono bloccati i finanziamenti che ci vengono dati dal ministero della Salute per la diagnostica di primo livello. Quando si getta fango sulla nostra figura. Quando vogliono toglierci l’assistenza più vicina possibile al domicilio del paziente perché a chiunque dal piccolo borgo di montagna alla grande metropoli sia data la possibilità di avere un proprio medico”. 


I medici di famiglia, infine “chiedono di contribuire sempre di più alla salute dei nostri pazienti, ma non solo. Vogliamo poter contribuire a rilanciare il tessuto socio-economico dei nostri territori, perché è lì che noi nasciamo ed è lì che noi siamo legati per la nostra intera vita professionale. Vorremo poter avere gli strumenti migliori per poter investire su noi stessi e sulla nostra professione, sui nostri studi che sono – come dice la nostra convenzione – presìdi del sistema sanitario nazionale”.


Fonte: Adnkronos Salute

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