Scompenso cardiaco acuto: quantificare l’attività del sistema adrenomedullinico può aiutare a prevedere il rischio

Nei pazienti con scompenso cardiaco acuto, la quantificazione dell’attività del sistema adrenomedullinico può aiutare a personalizzare il trattamento diuretico post-dimissione e consentire un’accurata previsione del rischio, secondo uno studio pubblicato su Clinical Research in Cardiology.


“Il nostro studio mirava a identificare i pazienti con scompenso cardiaco acuto che avessero marcato beneficio o danno da trattamenti specifici alla dimissione dall’ospedale e a prevedere la mortalità quantificando l’attività del sistema adrenomedullinico” spiega Nikola Kozhuharov, della University of Basel, in Svizzera, del GREAT Network, a Roma, e del Liverpool Heart and Chest Hospital, nel Regno Unito, primo autore del lavoro.


I ricercatori hanno quantificato l’attività del sistema adrenomedullinico utilizzando il componente biologicamente attivo, l’adrenomedullina bioattiva (bio-ADM) e un frammento di proormone, la proadrenomedullina “mid-regional” (MR-proADM). Le concentrazioni di Bio-ADM e MR-proADM sono state misurate in cieco alla presentazione in ospedale e alla dimissione dei pazienti. Gli esperti hanno valutato l’interazione con trattamenti specifici alla dimissione e l’utilità di questi biomarcatori sulla previsione degli esiti durante il follow-up di 365 giorni.


Su 1.886 pazienti con scompenso cardiaco acuto, 514 (27,3%) sono morti durante il follow-up di 365 giorni. Dopo aggiustamento per età, creatinina e trattamento alla dimissione, i pazienti con concentrazioni plasmatiche di bio-ADM superiori alla mediana, ovvero maggiori di 44,6 pg/mL, hanno ottenuto un beneficio sproporzionato dal trattamento con diuretici. Questi risultati sono stati confermati durante la quantificazione dell’attività del sistema adrenomedullinico effettuata utilizzando MR-proADM. I pazienti con concentrazioni plasmatiche di bio-ADM superiori alla mediana sono anche risultati a maggior rischio di morte. Per prevedere la mortalità per tutte le cause a 365 giorni, entrambi i biomarcatori hanno ottenuto buoni risultati, e MR-proADM ha presentato un’accuratezza predittiva ancora maggiore rispetto a bio-ADM.



Fonte: Clinical Research in Cardiology

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