Violenza del partner intimo e salute mentale: le misure sono inadeguate

Nel corso dell’estate The Lancet Psychiatry ha dedicato ampio spazio ai lavori di una Commissione sulla violenza del partner intimo e sulla salute mentale (Lancet Psychiatry Commission on intimate partner violence and mental health), guidata da Sian Oram, Helen Fisher e Louise Howard. I ricercatori riassumono le attuali conoscenze su questo argomento cruciale e definiscono una tabella di marcia di raccomandazioni per ridurre l’incidenza e aiutare i sopravvissuti (spesso le sopravvissute).

La violenza del partner intimo (IPV, intimate partner violence) è la forma di violenza più comune in tutto il mondo, segnala la Commissione. La maggior parte delle vittime sono donne (a livello globale, si stima che il 27% delle donne di età pari o superiore a 15 anni abbia subito una violenza del partner intimo, di tipo fisico o sessuale), ma sono stati segnalati alti tassi anche nei gruppi emarginati. Naturalmente, l’esposizione a questo tipo di trauma aumenta la probabilità di sviluppare una serie di problemi di salute mentale e, a sua volta, la presenza di problemi di salute mentale rende le persone più vulnerabili all’esperienza dell’IPV. Sebbene l’IPV sia endemico, precisano gli autori, non è inevitabile. Gli obiettivi di intervento spaziano dai programmi genitoriali o scolastici, alla prevenzione e al trattamento dell’abuso di sostanze e al sostegno all’istruzione secondaria o superiore per le donne. I sopravvissuti, scrivono, dovrebbero essere fondamentali per lo sviluppo e la valutazione delle misure IPV e dei servizi di supporto integrati.

“L’approccio e le scoperte della Commissione vanno ben oltre la semplice patologizzazione clinica”, nota un’editoriale di Lancet Psychiatry. “Occorre una visione ampia, dell’intera società, della violenza del partner intimo e di cosa dovrebbe essere fatto per migliorare la vita dei sopravvissuti. Un elemento chiave che collega le diverse sezioni della Commissione è il concetto di trauma e la necessità di un’assistenza informata sul trauma da parte dei singoli fornitori attraverso interi sistemi di salute mentale. Come notano Oram e colleghi, c’è ancora molto da imparare sul trauma in relazione alla violenza del partner intimo e ancora di più da fare per trasformare i nostri sistemi per affrontare adeguatamente il trauma”.

Emerge l’inadeguatezza delle misure attuali contro la violenza del partner intimo e le sue ramificazioni sulla salute mentale. La Commissione sottolinea come la varietà di strumenti disponibili per misurare l’esposizione alla violenza del partner intimo (e la risultante eterogeneità dei dati), combinata con prove contrastanti sulla validità e utilità di questi strumenti in diversi contesti culturali e di altro tipo, abbia probabilmente contribuito alla scarsità di misurazione dell’esposizione in ambito clinico e di ricerca. “Un punto chiave è la disconnessione tra ciò che i ricercatori misurano effettivamente e ciò che i sopravvissuti dicono essere importante per loro”, si legge nell’editoriale. 

Come altre forme di trauma, l’esposizione alla violenza del partner intimo può essere dinamica e cumulativa e la risposta del sopravvissuto e lo stato di salute mentale dipenderanno dalla sua storia personale. Gli autori della Commissione sostengono un approccio lungo tutto l’arco della vita per comprendere la violenza del partner intimo e formulare raccomandazioni per gli interventi.

La Commissione raccomanda una trasformazione dei nostri sistemi di assistenza sanitaria mentale in sistemi incentrati e in grado di affrontare adeguatamente il trauma vissuto dai sopravvissuti alla violenza del partner intimo. “Leggendo le esperienze degli utenti dei servizi citate nella Commissione, nonché i passi concreti proposti dagli autori, è chiaro che una tale trasformazione dei servizi di salute mentale gioverebbe probabilmente non solo ai sopravvissuti alla violenza del partner intimo, ma anche ai sopravvissuti alle numerose altre forme di trauma che continuano a passare inosservate e non trattate nelle nostre comunità e nei servizi ospedalieri e ambulatoriali”.

Fonte: The Lancet Psychiatry

https://www.thelancet.com/journals/lanpsy/article/PIIS2215-0366(22)00140-7/fulltext

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